Donatangelo Lupinetti

Donatangelo Lupinetti

Donatangelo Lupinetti

Donatangelo Lupinetti, storico e folklorista

di Lia Giancristofaro

Padre Donatangelo Lupinetti nacque a Castilenti, in provincia di Teramo, nel 1909. Nell’adolescenza si delinearono in lui le doti del letterato ed umanista che, assieme alla vocazione missionaria e di evangelizzazione, fecero di lui un grande studioso della religiosità popolare. Dopo aver preso i voti dell’Ordine francescano, che più si confaceva alla sua necessità di contatto umano, e dopo aver affinato i suoi studi linguistici (greco, latino, sanscrito), storici e teologici, previa l’accurata formazione universitaria, appositamente condotta presso il Pontificio Ateneo Antoniano di Roma, esercitò l’attività pastorale nei conventi francescani dell’Aquila, di Orsogna, Tocco Casauria e Lanciano, dove conobbe Cesare De Titta pochi anni prima della sua morte, avvenuta nel 1933. In seguito, il suo desiderio di missionariato lo indusse a puntare il suo obiettivo verso l’Africa e la Terra Santa, per confrontarsi con culture diverse. La sua prima meta, negli anni ’30, fu la Somalia, al tempo appartenente all’Italia e non ancora convertita all’islam. Qui prestò servizio in stazioni isolate, dove il duro lavoro e i rischi ben poco tempo concedevano allo studio; il territorio, come in gran parte del Corno d’Africa, era semiarido e frequenti i contrasti fra le tribù. Tuttavia, il contatto fraterno con le popolazioni indigene, specie dei Rahanuìn dell’interno e gli Ammarruìn della costa, gli diede il motivo e la possibilità di provare sul campo le teorie di etnografia, etnologia e missionologia precedentemente apprese. In seguito, venne trasferito a Mogadiscio, al fine di ricoprire ruoli direzionali e didattici presso collegi, convitti e scuole cattoliche. Fu allora che poté concentrare su alcuni settori specifici le sue ricerche etnologiche, comprensive anche dei canti dell’epica locale. Ma di tutto il materiale prodotto in Africa e inviato in Italia (monografie, relazioni, studi sui canti religiosi delle popolazioni conosciute e sulle peculiarità del loro modo di recepire l’evangelizzazione) si è conservato poco, così come delle pubblicazioni effettuate a Mogadiscio; ricordiamo alcuni articoli contenenti relazioni di viaggi e di eventi locali, nonché una coraggiosa polemica contro le leggi razziali del governo fascista. Tornato in patria, nel Dopoguerra il religioso poté finalmente dedicarsi ad un campo a lui già noto, cioè quello della cultura popolare abruzzese, rivedendola, però, alla luce delle esperienze africane. Parallelamente all’attività canonica, egli effettuò un’approfondita ricognizione del materiale di ricerca folklorica e dialettologica già esistente. Così, le sue ricerche sul campo si tradussero in studi completi e rigorosi di letteratura popolare, puntualmente pubblicati e diffusi in Abruzzo e fuori regione. Tra articoli e volumetti, spiccarono una completa trilogia di canti e tradizioni e una prima raccolta di Novellistica Sacra, interessante silloge di novelle religiose abruzzesi anche inedite, presentate in dialetto e nella traduzione italiana; l’opera fu redatta in collaborazione con Ernesto Giammarco e pubblicata a Pescara nel 1958 per le edizioni di “Attraverso l’Abruzzo”, di Francesco Amoroso. Lo stesso anno, in occasione del VII Congresso Nazionale delle Tradizioni Popolari, espresse il suo peculiare contributo tracciando il quadro fondamentale de La letteratura religiosa del popolo abruzzese nel Medioevo. In questi anni, divenne amico di studiosi abruzzesi, tra i quali, oltre ai già citati Giammarco e Amoroso, ricordiamo Bruno Mosca, Francesco Verlengia, Domenico Priori, autori di opere e pubblicazioni che segnarono le tappe del progresso culturale abruzzese. Particolarmente viva fu la sua amicizia con Paolo Toschi, demologo di fama nazionale, docente di Storia delle Tradizioni Popolari presso l’Università di Roma. In particolare, l’amicizia intrattenuta con Cesare De Titta, illustre latinista e poeta dialettale, con il quale si dedicava a traduzioni ed esercitazioni di forma salmodica in dialetto, latino, greco antico ed ebraico, fece sì che Lupinetti desse anche vita a componimenti poetici propri, di ispirazione religiosa e popolare, tra cui annoveriamo, pubblicati all’Aquila presso la Cattedra Bernardiniana dal 1962 al 1981, Lu Presépie di Natale, poemetto natalizio con versione in lingua ed introduzione storica sul presepio; La santità de la Live, antica leggenda natalizia abruzzese, versificata e annotata; Lu sandìssime Voldesande, poemetto sacro in dialetto abruzzese con note illustrative; Lu cante di Natale, poemetto dialettale; Lu cante di Pasque; Lu cante di la Madonne; Lu cante di S. Francesche, componimento in dialetto abruzzese in onore di S. Francesco, S. Chiara, S. Bernardino e S. Giovanni da Capestrano, stampato a Gerusalemme. Infatti, ben presto la sua vocazione missionaria lo riportò, a fasi alterne, di nuovo in Africa, a Gerusalemme e a Betlemme, per oltre vent’anni. Qui, nonostante le difficoltà del conflitto ebraico-palestinese, trovò modo di approfondire e rifinire gli studi sulla canzone epico-lirica in Abruzzo, consegnando alla rivista di etnologia “Lares” i suoi utili contributi su La canzone di Rinaldo e il Testamento dell’avvelenato, pubblicati tra il 1958 e il 1963. Un’ultima serie di studi storici occasionali, di stampo agiografico e basata su ricerche archivistiche, riguardò la vita della Beata Antonia da Firenze, ricostruita tramite i manoscritti del Monastero di S. Chiara Povera de L’Aquila, e la vita di Padre A. Ronci da Atri, poeta e missionario di Terra Santa (1500-1504). Dunque lo studioso francescano attraverso la storia locale approfondì le incidenze e le coincidenze di usi e costumi popolari tra varie zone dell’Abruzzo, tra cui ricordiamo Lama dei Peligni, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti, servendosi del metodo comparativo e dell’approccio multidisciplinare. Perciò, quello da lui raccolto ed elaborato rappresenta uno dei più vasti repertori della cultura abruzzese, dotta e popolare, perché costruito in oltre 50 anni di infaticabile ricerca, portata avanti sulla base di un profondo retroterra di studi umanistici. Padre Lupinetti rientrò definitivamente dalla Terra Santa negli anni ’80; dopo una permanenza a Pescara, trascorse i suoi ultimi anni a Lanciano, ospite dell’albergo per anziani del Convento Antoniano, amorevolmente accudito dai confratelli. Egli intratteneva frequenti incontri con Emiliano Giancristofaro, direttore della Rivista Abruzzese, la quale aveva ospitato la maggior parte della sua produzione; insieme, nel 1999, promossero la pubblicazione, in un volume, delle novelle raccolte in Abruzzo nei suoi lunghi anni di ricerca sul campo e rielaborate durante la permanenza in Terra Santa. Il volume venne alla luce pochi giorni dopo la sua morte, avvenuta il 12 dicembre del 2000.

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Bibliografia

LIA GIANCRISTOFARO, Cultura popolare abruzzese. La novellistica popolare religiosa di P. Donatangelo Lupinetti, Regione Abruzzo, 2000.

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